Hai mai sentito parlare della Malattia di Charcot-Marie-Tooth, comunemente abbreviata in malattia di Charcot o CMT? Si tratta di una patologia ereditaria che colpisce principalmente i nervi periferici. È una condizione seria e invalidante, oggetto di approfondite ricerche da molti anni, volte a comprenderne le molteplici cause e a individuare strategie terapeutiche sempre più efficaci.
Malattia di Charcot: caratteristiche e sintomatologia
Il nome completo “Malattia di Charcot-Marie-Tooth” rende omaggio ai tre neurologi che la identificarono per la prima volta nel 1886. Si tratta di una neuropatia ereditaria che interessa il sistema nervoso periferico, in particolare i nervi responsabili del controllo dei muscoli e della sensibilità corporea.

La prevalenza di questa patologia è stimata attorno a 1 caso ogni 2500 persone. I sintomi iniziali più comuni includono una debolezza muscolare progressiva, seguita da atrofia muscolare, che si manifesta inizialmente agli arti, sia superiori (braccia) che inferiori (gambe e piedi).
Il piede, in particolare, tende a sviluppare una marcata curvatura dell’arco plantare, rendendo difficile il sollevamento e la deambulazione. Spesso, chi è affetto da questa malattia sperimenta una riduzione della sensibilità, con formicolii e intorpidimento degli arti, che possono compromettere la stabilità della camminata. L’esordio della malattia può avvenire a qualsiasi età, ma è più frequente durante l’infanzia o l’adolescenza.
Quali sono le cause scatenanti?
Essendo una patologia di natura ereditaria, la genetica ha fornito risposte fondamentali agli studiosi impegnati nell’analisi delle sue origini. La malattia è generalmente dovuta a mutazioni che interessano la guaina mielinica, che riveste le fibre nervose, oppure l’assone, la parte del neurone deputata alla trasmissione degli impulsi nervosi.

A seconda della specifica mutazione genetica, si distinguono diverse forme di CMT. La CMT1A rappresenta la variante più diffusa, causata da una mutazione che determina una sovrapproduzione di una proteina essenziale per la formazione della mielina. Altre forme, come la CMT2, coinvolgono principalmente l’assone.
Ma non finisce qui: le varianti della malattia sono numerose e non si limitano alle due tipologie appena menzionate. Esiste, ad esempio, la forma CMTX, la cui trasmissione ereditaria è legata al cromosoma X (da cui la lettera “X” nella sigla), oltre alla CMT4 e ad altre ancora.
Ecco a te l’ultima causa scoperta!
Come già accennato, dalla sua identificazione avvenuta quasi 140 anni fa, la Malattia di Charcot-Marie-Tooth è stata oggetto di costanti studi per individuare le cause scatenanti e le possibili terapie. Grazie a queste ricerche, oggi disponiamo di un ampio bagaglio di conoscenze sulla patologia.

La ricerca, tuttavia, è in continua evoluzione e la malattia di Charcot continua a essere al centro di indagini genetiche che portano a nuove e rilevanti scoperte. Recentemente, alcuni studi hanno evidenziato il ruolo di mutazioni nei geni MFN2 e NEFL come ulteriori fattori scatenanti della patologia.
Le conoscenze acquisite nel tempo, unite alle scoperte più recenti, consentono agli scienziati di classificare in modo sempre più preciso le diverse forme della malattia e di sviluppare terapie innovative e mirate, migliorando così le prospettive di trattamento per i pazienti.
Le conseguenze della malattia di Charcot
Dopo la comparsa dei primi sintomi, la Malattia di Charcot tende generalmente a progredire, aggravando progressivamente il quadro clinico. Al momento, non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili numerosi interventi che possono contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone affette.

Tra gli approcci più utili vi sono la fisioterapia personalizzata, che aiuta a mantenere forza e mobilità muscolare, e l’utilizzo di ausili e dispositivi ortopedici, come tutori e plantari, che alleviano i disagi e i dolori legati alla deformità del piede e agli episodi di intorpidimento.
È inoltre fondamentale garantire un adeguato supporto psicologico, soprattutto nei casi più complessi, per aiutare i pazienti a gestire l’impatto emotivo della malattia. In alcune situazioni, può rendersi necessario anche il ricorso a interventi chirurgici. Questo articolo ha scopo informativo e non sostituisce il parere del medico.