Nuove regole sull’eredità: ecco se rischi di pagare più tasse

Le normative sono molto chiare: sia le donazioni che le successioni sono sempre soggette a tassazione. Chi riceve beni, siano essi immobili o mobili, è tenuto a presentare obbligatoriamente la dichiarazione di successione e a versare l’imposta di successione. Quest’ultima rappresenta una tassa applicata sul valore dei beni o dei diritti trasferiti agli eredi.

Cosa è l’imposta di donazione o successione?

L’imposta di successione e donazione è un tributo che si applica ai trasferimenti di beni e diritti, sia in caso di successione per morte sia in caso di donazione a titolo gratuito. Rientrano in questa categoria anche i trasferimenti derivanti da trust o da altri vincoli di destinazione, un aspetto particolarmente rilevante e spesso sottovalutato.

Immagine selezionata

Il decreto legislativo che disciplina la materia si suddivide in punti fondamentali: il Titolo I raccoglie le disposizioni generali comuni relative all’imposta su successioni e donazioni; il Titolo II si concentra sull’applicazione dell’imposta alle successioni. Inoltre, è essenziale considerare anche il Titolo III, che disciplina le norme sull’applicazione dell’imposta alle donazioni, e il Titolo IV, che contiene le disposizioni transitorie e finali. Ogni sezione è di fondamentale importanza per evitare errori che potrebbero comportare sanzioni anche molto elevate.

Il Titolo III si occupa delle norme relative all’applicazione dell’imposta sulle donazioni, mentre il Titolo IV raccoglie le disposizioni transitorie e finali. Tutti questi aspetti devono essere attentamente valutati in caso di successione, poiché la mancata osservanza delle regole può comportare sanzioni anche rilevanti.

Quando è dovuta questa imposta?

L’imposta di successione è dovuta in presenza di specifiche situazioni. In particolare, si applica ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, nei casi di immissione nel possesso dei beni dell’assente o in caso di morte presunta. Inoltre, riguarda tutti i beni e i diritti trasferiti, anche se situati all’estero.

Immagine selezionata

Restano escluse dall’imposta le donazioni di valore modico. Sono altresì escluse le donazioni collegate ad atti che comportano il trasferimento di aziende, a condizione che nell’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto.

L’imposta, quindi, si applica a tutti i beni, servizi e trasferimenti, anche per i soggetti residenti all’estero ma con residenza fiscale in Italia. Se, al momento della successione, il defunto non era residente in Italia, l’imposta si applica solo ai beni esistenti sul territorio nazionale.

Chi paga l’imposta di successione e donazione

I soggetti passivi dell’imposta sono gli eredi e tutti coloro che risultano beneficiari della successione. Rientrano tra questi anche coloro che subentrano in caso di morte presunta e chi riceve una donazione, oltre ai beneficiari di altri trasferimenti tra vivi.

Immagine selezionata

Gli eredi sono sempre tenuti al pagamento dell’imposta per la quota di loro competenza, anche nei confronti degli altri legatari. È importante sottolineare che il presupposto dell’imposta è strettamente legato all’apertura della successione. Esistono differenze sostanziali tra i vari casi, che devono essere sempre valutate con attenzione.

Per quanto riguarda l’imposta di successione, il momento rilevante è quello dell’apertura della successione stessa. Invece, per l’imposta di donazione, l’obbligo sorge al momento della stipula dell’atto di donazione. Nei casi di assenza o morte presunta, il riferimento è l’immissione in possesso dei beni.

Come si calcola l’aliquota?

Il calcolo dell’imposta di successione si basa su due elementi fondamentali: le aliquote, che variano in base al grado di parentela tra il defunto e l’erede, e le franchigie, ovvero soglie di valore al di sotto delle quali non è dovuta alcuna imposta.

Immagine selezionata

Le aliquote e le franchigie si applicano anche ai trasferimenti per causa di morte. Attualmente, l’aliquota è del 4% per il coniuge e i parenti in linea retta, calcolata sul valore complessivo dei beni. Per fratelli e sorelle, l’aliquota è del 6%, così come per gli altri parenti fino al quarto grado.

Per tutti gli altri soggetti, l’aliquota sale all’8%. Le franchigie vengono aggiornate ogni quattro anni per adeguarsi all’andamento del costo della vita, garantendo così che i valori restino attuali e coerenti con le condizioni economiche del momento. Questo meccanismo di aggiornamento è fondamentale anche per il futuro.

Lascia un commento